| Cap. 1
L'ultimo sparo e poi silenzio. Vito si alzò in piedi dal suo riparo, si guardò intorno e vide una strage di persone, sangue dappertutto e proiettili sparsi a terra. Ecco, ora, il planetario sarebbe stato da rifare. Si sentiva un respiro affannoso dal centro, dove v'erano i vari proiettori, Vito si lanciò uno sguardo d'intesa con il suo compagno Joe e si avvicinò. A terra, ferito e sanguinante, c'era Falcone ormai privo di qualsiasi arma e possibilità di difesa. “Sai una cosa Carlo?” Chiese Vito, avvicinandosi a Falcone che giaceva a terra e lo guardava con occhi sofferenti. “Negli ultimi dieci anni non ho fatto che uccidere... Ho ucciso per il mio paese...” In quel preciso istante partì un colpo dalla pistola che Vito teneva puntata contro l'uomo, dritta al suo ginocchio. Falcone si lamentò per il dolore. “Ho ucciso per la mia famiglia...” E subito un altro colpo, sulla schiena, seguito da un altro lamento. “Ho ucciso chiunque si mettesse sulla mia strada...” Ed ancora un altro colpo, alla spalla. “Ma questa volta.. Lo faccio per me.” Finì mentre l'uomo privo ormai di qualsiasi forza, cercò di guardarlo. “.. Fo... ttiti..” Vito mirò alla sua testa e spinse per l'ultima volta il grilletto, sparò e il pavimento sotto il capo di Falcone cominciò a macchiarsi di sangue. Era finita. Carlo Falcone era morto. “Fottuto bastardo.”
“Spero proprio che tu sappia cosa stai facendo...” Disse Joe con il solito tono tranquillo e pacato, mentre i due cominciavano ad avviarsi all'uscita. “Tranquillo, ci ho pensato io, vedrai. Allora, di che stava parlando prima?” “Ah, nulla. Mi ha fatto un'offerta, tutto qui.” “Sì, questo l'avevo immaginato..” Rispose Vito con tono scontato, “Che tipo di offerta?” Aggiunse con una vena di curiosità. “Voleva che ti ammazzassi. Mi avrebbe nominato capo, con tanto di banda di scagnozzi. Quello che ho sempre desiderato.” Gli spiegò Joe, varcando la prima porta. “Oh davvero? E allora perché non l'hai fatto?” “Ti ricordi di quei cinque dollari che mi devi?” Vito non rispose. Non disse nulla. Non volle aggiungere niente. Joe si era mostrato ancora una volta il suo migliore amico, una persona di cui poteva fidarsi ciecamente nonostante si fossero trovati nella merda. I due in pochi istanti arrivarono fino all'uscita, una volta aperta la porta, mentre stavano scendendo gli scalini, videro davanti a loro due macchine con varie persone fuori, tra cui Leo Galante. “Ma che minchia succede?” Chiese Joe, spaesato. “Va tutto bene Joe.” Lo tranquillizzò Vito. “Fatto?” Si sentì la voce di Leo che aspettava una conferma. “Fatto.” Confermò poi Vito. Leo guardò il compagno accanto a lui, poi i due ragazzi che li avevano quasi raggiunti. “Molto bene, allora. Possiamo festeggiare. Che dici, andiamo al bordello?” “Per me va bene.” Disse Joe, dal suo tono di voce si poté sentire una vena di felicità, sembrava finalmente che tutto quel casino si fosse risolto. Vito stava per salire nella macchina insieme a Joe, ma poi Leo lo fermò. “Vieni con me, Vito. Abbiamo molto di cui parlare.” Vito deviò e si avvicinò alla macchina dove v'era Leo, volse lo sguardo verso Joe che gli disse tranquillamente: “Ok, ci vediamo lì.”. I due salirono nelle rispettive macchine, qualche istante dopo avevano lasciato il planetario. Nella macchina nella quale si trovava Vito c'era un silenzio quasi imbarazzante. Leo aveva detto che avrebbero avuto molto di cui parlare ma ancora non aveva fiatato. “Va bene. Qual è il segreto?” Chiese Vito interrompendo il silenzio. Leo lo guardò per un istante, poi volse lo sguardo fuori dal finestrino. Silenzio. Nessuna risposta. Vito guardò l'uomo dai capelli bianchi e poi quello di fronte a lui, nello stesso momento notò qualcosa di strano: la macchina con Joe dentro svoltò a destra, per una piccola via. La macchina in cui si trovava lui, invece, continuò ad andare dritto. “Ehi, ma che cazzo succede? Dove portano Joe?” Chiese allarmato, guardando Leo e poi fuori dal finestrino, riportò nuovamente lo sguardo sull'uomo poi. “Scusa amico. Ma Joe non rientrava nell'accordo.” Disse Galante con tono grave. Vito lo guardò per qualche istante ancora, in silenzio, poi guardò dritto davanti a sé. In un solo istante non capì più nulla. Non sapeva cosa doveva fare, il suo cervello cominciò a pensare a mille e mille cose tutte insieme tanto che non capiva nemmeno a ciò che stava pensando. Si sentì terribilmente... Vuoto. Il rumore di uno sparo, nell'aria, poi silenzio.
Edited by †Eva† - 12/9/2010, 00:21
|